Lug 2021 | Media News | PSD2

Articolo di Cristina Iacob, Commercial Strategy Director, Experian Italia

Cambio di paradigma

Nel mondo dei dati sta avvenendo un cambio di paradigma importante e ci troviamo nel mezzo di questa trasformazione. Detenere dei dati proprietari non è più così fondamentale rispetto all’importanza di saper interpretare ed estrarre valore dall’immensa quantità di dati disponibili da ecosistemi e fonti esterni, o addirittura direttamente dagli archivi stessi delle organizzazioni.

Paragonati agli operatori di altri settori, gli istituti assicurativi possiedono pochi dati di proprietà. Basti pensare alla mancanza di dati sulle transazioni, dovuta principalmente al fatto che i pagamenti sono effettuati 1-2 volte l’anno, e al fatto che altri eventi come i sinistri e comunque le altre possibilità di contatto con il cliente, avvengono in un numero limitato. A titolo esemplificativo, nel settore bancario la quantità di dati proprietari è davvero impressionante se si pensa soltanto alle transazioni di conto corrente o di carta che racchiudono informazioni preziosissime per valutare la rischiosità, il comportamento di spesa, il reddito disponibile di una persona fisica o il cashflow di una persona giuridica.

Le banche fanno ampio utilizzo di dati dichiarativi ed è ormai molto comune verificarli rispetto a fonti terze, come per esempio i Credit Bureau Privati o SCIPAFI, il Sistema pubblico di prevenzione della frode, che consente il riscontro dei dati contenuti nei principali documenti d’identità e del reddito, con quelli registrati nelle banche dati degli enti di riferimento (attualmente Agenzia delle Entrate, Ministero dell’Interno, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, INPS e INAIL). Sia i Credit Bureau che SCIPAFI sono accessibili agli istituti assicurativi per casi d’uso legati alla valutazione dei rischi di frode e verifica dell’identità. Oltre a ciò, possono essere utilizzati anche per una migliore valutazione delle necessità e richieste del cliente, quindi per ottenere una comprensione più approfondita del bisogno del cliente rispetto al prodotto assicurativo.

Un’opportunità interessante è quella di mettere a fattor comune i dati tra le assicurazioni per esempio sui sinistri in modo da creare sistemi di scoring e valutazione più efficaci cosi come le banche hanno messo a fattor comune i dati sul credito a beneficio di tutti, potendosi concentrare soprattutto sul miglioramento del prodotto offerto e delle condizioni per il cliente finale. Un’altra opportunità interessante del momento sembra essere la possibilità di accedere ai dati transazionali bancari attraverso l’Open Banking e la Payment Service Directive 2 (PSD2). Una fonte dati sicuramente rilevante per la valutazione del rischio ma ancora di più per migliorare la segmentazione dei “buyer personas”, per creare modelli di propensione e implementare operazioni di “price adjustment”.

Finora abbiamo parlato esclusivamente di fonti dati che hanno un uso già ben codificato nelle decisioni di rischio finanziarie. Tuttavia, aprendo ulteriormente gli orizzonti informativi possiamo contemplare l’utilizzo di almeno altre due categorie di dati utile ad una valutazione potenziata del rischio.

Da una parte i dati strutturati provenienti da aggregatori informativi come agenzie governative, associazioni di categoria o altri enti d’interesse pubblico ((c.d. Open Data), possono essere utili per inquadrare caratteristiche nuove o particolari aspetti di rischio specifici come, per esempio, valutazioni sull’igiene dei ristoranti o la data dell’ultima visita antincendio. Questi dati sono normalmente gratuiti, di facile accesso e in costante aumento. L’elaborazione massiva di questi dati può essere però sfidante, in quanto essi richiedono molte risorse sia per l’estrazione di segnali significativi, e sia per la loro integrazione nei modelli analitici.

Dall’altra parte ci sono invece molti dati non-strutturati ossia ottenibili attraverso tecniche di scraping di pagine web e dei contenuti pubblicati sui principali social network, i quali risultano utilissimi per verificare l’oggetto di attività di un’azienda e la posizione geografica. Grazie alla “sentiment analysis” è possibile determinare il grado di apprezzamento del pubblico e dei clienti nei suoi confronti piuttosto che aspetti specifici come per esempio la percezione dei clienti sui servizi offerti da una struttura ricettiva. Infine, utilizzando algoritmi di text-mining, si può comprendere se gli articoli diffusi sul web parlano di un’impresa in modo positivo (es: è in espansione e sta aprendo nuove sedi) o negativo (es: è in liquidazione).

Questa tipologia di dati sulle PMI e sui POI (“points of interest”) è molto valida anche per fare analisi puntuali di microzone, come le aree censuarie ISTAT. In particolar modo se viene associata a strumenti statistici di segmentazione sociodemografica dei consumatori. Un buon esempio sono i casi d’uso legati alle assicurazioni immobiliari o di uffici ed esercizi commerciali. Nel caso dei soggetti privati invece, dove i vincoli posti dalle normative sulla protezione dei dati personali sono più pervasivi, possono comunque essere sfruttate efficacemente le informazioni relative alla c.d. Digital ID, ossia tutte quelle informazioni ottenibili aggregando e analizzando alcuni attributi riconducibili all’individuo, senza però entrare nella sfera delle informazioni personali come nome, cognome ecc. Questi set informativi, spesso arricchiti con indicatori di natura statistica, consentono comunque la costruzione di casi d’uso in diversi ambiti di applicazione, inclusi valutazioni delle abitudini e degli interessi e modelli predittivi sia in ambito rischio che marketing.

Tipicamente quest’ultima tipologia di dati è accessibile a costi minori, di solito associati con l’attività di crawling o all’utilizzo delle API messe a disposizione da Google o dai social network. L’impatto sul business può essere interessante perchè possono aiutare a sviluppare vantaggi competitivi su determinati segmenti come per esempio aziende con beni e servizi rivolti al pubblico o i giovani con intensa attività digital e social.

Quando si dispone di un “funnel” digitale per l’acquisizione dei clienti, è possibile sfruttare anche la predittività dei cosiddetti “digital footprints”. Attraverso un software development kit (SDK) adeguatamente configurato, si possono raccogliere, in tempo reale, centinaia di segnali digitali associati al device, al browser con cui si naviga, all’IP e al sistema operativo. Una mole di informazioni di prima parte utile per analizzare il comportamento di navigazione, prevenire frodi, qualificare i prospect e persino effettuare elaborazioni relative al rischio per privati e ditte individuali.

Le sfide legate a questa tipologia di dato riguardano in prevalenza la mancanza di un controllo di qualità del dato e di una garanzia di disponibilità su base continuativa e affidabile.

Fornire un futuro più equo: trattare i clienti come persone e non come dati

Che si tratti di credito o di assicurazioni, ciò che emerge con maggiore forza è la necessità di trattare i clienti come individui, non come segmenti, e di progettare proposte di prodotti ritagliati su misura. Un altro modo per proteggere le persone è aiutarle a prendere il controllo sulle proprie scelte. Diventando più consapevoli dal punto di vista finanziario, le persone possono fare scelte più sostenibili, indipendentemente da ciò che accade nell’economia. In questo periodo caratterizzato da i tempi incertezza ed instabilità, è necessaria una maggiore responsabilità e consapevolezza sia da parte delle imprese che da parte dei consumatori.

In questo contesto, gli istituti assicurativi sono in grado di compiere passi concreti per supportare i clienti ed essere allo stesso tempo più inclusivi. Le assicurazioni infatti, previo consenso, possono accedere ai dati sulle transazioni bancarie che rappresentano un patrimonio informativo sui comportamenti di una persona. E’ possibile rilevare le lacune nella copertura di rischi, identificare se qualcuno è o potrebbe essere vulnerabile e quindi non completamente in grado di affrontare l’impegno finanziario rappresentato dal pagamento delle polizze e persino stabilire il giorno migliore per far passare una rata.

In generale, sono possibili valutazioni accurate su ciò che una persona può permettersi in base alla sua intera situazione finanziaria. Non si tratta più solo di focalizzare delle singole caratteristiche di rischio o di sicurezza, ma piuttosto di comprendere meglio i clienti sia consumatori ed aziende, comprendere il contesto della loro vita e delle loro attività e quindi fornire loro l’accesso ai prodotti e servizi più appropriati e convenienti e successivamente continuare questo livello di personalizzazione per l’intero “customer lifetime”.

Investimenti nei dati, ogni mezzo è valido

Le compagnie assicurative di nuova generazione, dalle agenzie digitali ai vettori full stack, stanno “alzando l’asticella” delle aspettative dei consumatori. Le esperienze online e “mobile” sono veloci, senza interruzioni e offrono una maggiore trasparenza dei prezzi. Fonti informative particolari assieme a tecniche di advanced analytics possono e devono favorire una migliore segmentazione per valutare il rischio, e ottimizzare le opportunità di marketing, di cross-selling e up-selling. L’abilitazione tecnologica inoltre consente di fornire un’esperienza digitale al cliente durante l’intero ciclo di vita delle polizze.

Concludendo, se da una parte c’è una forte aspettativa che le assicurazioni utilizzino sempre più tecnologie di terze parti e fornitori di dati per ottenere un “level playing field”e migliorare la customer experience, e la modernizzazione dei sistemi di base è cominciata, dall’altra parte, le soluzioni SaaS e i “data-lake” basati su cloud sono ancora poco diffuse. Gli investimenti in start up tramite CVC e le limitate finora operazioni di M&A strategiche rimangono altresì un ambito interessante in quanto consentono di “bruciare le tappe” nella road mapideale di realizzazione di un sistema dove i benefici derivanti dall’utilizzo di tutte le informazioni che abbiamo visto (e dalla loro combinazione e integrazione) sono massimizzati mediante modelli di advanced analytics.